Descrizione
IL PARCO
Cesarò, con i suoi 13.861 ettari, inclusi nel territorio del Parco Naturale dei Nebrodi, partecipa in maniera consistente alla realtà di questo Parco che copre in totale 85.587 ettari. Ospita alcuni uffici del Parco con un punto di informazione ed assistenza per l’escursionismo e le visite guidate all’interno del Parco nel territorio di Cesarò, sono programmate ed espletate dal personale in servizio presso la stessa sede.
Cesarò dispone dell’unica struttura ricettiva oggi esistente dentro il Parco: il rifugio “Villa Miraglia”, posto a circa 15 Km dall’abitato di Cesarò a 21 da quello di S. Fratello.
Il rifugio dispone di appena dieci posti letto, ma riesce ad assicurare la fruizione del servizio ristorante ai numerosi visitatori che anche nel periodo invernale, amano trascorrere una giornata in montagna: così essi, soddisfatti da tutto il rendiconto e magnifico spettacolo naturale che offre il bosco e pressati dall’aria dolce che stimola i più fragili appetiti, si possono fermare per una piacevole e voluttuosa sosta ristoratrice.
Un’atmosfera davvero magica: nelle notti d’estate, fanno compagnia all’ospite e passi di piccole famigliole di ghiri che da decenni abitano il sottotetto dello chalet.
Un’altra struttura ricettiva è l’albergo Kisar di proprietà del comune, in via di ultimazione, a quota 1750 metri posto nelle immediate vicinanze del bivio della S.S. 289 con la dorsale dei Nebrodi che porta a monte Soro. La ricettività prevista è di 70 posti letto.
Il cuore del Parco dei Nebrodi ricade nel territorio di Cesarò, che offre le aree umide più importanti: quella del Biviere, alle pendici del monte Soro, e dell’Ancipa, a valle di monte Acuto. Mentre la folta presenza nel territorio del cavallo sanfratellano allevato allo stato brado, delle greggi di pecore, delle mandrie di mucche, delle famiglie di suini neri bradi e delle stesse affollate schiere di capre assicura al visitatore incontri di particolare emozione.
Essendo vietata la caccia, nella quiete del bosco e delle radure, non è raro il caso che il visitatore si imbatta nella volpe, nella lepre, nella coturnice, nei colombacci, mentre tutt’intorno è uno sfrecciare di gazze, ghiandaie e cornacchie. Tra gli itinerari escursionistici di maggior interesse paesaggistico e naturalistico consigliamo la visita a monte Soro e al lago Biviere. Per raggiungere la prima meta si deve percorrere la statale 289 in direzione nord per circa 18 Km – quasi sempre nascosti dai bellissimi boschi prima di cero, poi di cerro misto a faggio, quindi di solo faggio – e si arriva al bivio di Portella Femmina Morta. A questo punto, lasciata la strada statale per S. Fratello, si imbocca a destra una strada sempre asfaltata che si percorre per circa 1400 metri, allorchè si incontra un altro bivio. Salendo per quasi 4 Km si raggiunge la cima di monte Soro a quota 1847 metri da qui si offre alla vista uno spettacolo indimenticabile e al cuore sensazione che avvicinano all’infinito.
Trovandosi a monte Soro non può mancare la visita al monumentale Acero montano, uno dei più grandi d’Italia, che raggiunge l’altezza di circa 22 metri e 6.5 di diametro. La pianta è situata sul versante nord del monte a 1800 metri di quota, a pochi metri di distanza dalla strada.
Dal bivio per monte Soro svoltando a sinistra si prosegue lungo la carrabile a fondo naurale per altri 2,5 Km e si giunge al laghetto di Maulazzo, un grandioso invaso artificiale realizzato dall’Amministrazione Regionale delle Foreste. Da qui si va avanti per altro 5 Km (ponendo attenzione a svoltare a destra al primo bivio) e si giunge al Biviere di Cesarò.
Un altro itinerario di grande valore ambientale è quello che si snoda lungo la dorsale dei Nebrodi che va da Portella Sella Maria al Sambuchello e da Pietra Rossa-Malacosta a Piano Porta. Un percorso suggestivo è inoltre quello che da c.da S.Elia porta a Piano delle Ipoteche percorrendo Piano Porta, Piano Case e Rifugio Rizzo. Percorrendo la strada provinciale 167 per circa 20 Km si raggiunge il lago Ancipa.
Il previsto graduale aumento del flusso di visitatori è destinato a provocare l’espandersi delle applicazioni dell’artigianato e dei prodotti locali, con speciale riferimento a quelli del latte, della carne bovina e suina, alla lavorazione artigiana del tessuto del ricamo, del legno, del ferro, della canna, del giunco e della ferla.
La realtà del Parco ha già dato il via alla programmazione di iniziative che valorizzano il turismo, come la costruzione di un “centro visite” a Piano Cicogna, che sorgerà sulle rovine di un vecchio rudere dell’A.N.A.S., grossa struttura polifunzionale, che sarà sicuramente il fiore all’occhiello dello stesso Parco. Come la realizzazione di una grande area attrezzata che interesserà tutti gli slarghi lungo la statale 289, con particolare riferimento alla zona di Piano Cicogna, con la sistemazione di itinerari naturalistici di straordinaria bellezza.
Il Parco ha da tempo incoraggiato il turismo equestre con la sistemazione della dorsale dei Nebrodi e la realizzazione di numerose ippovie.
LA PORTA DEI NEBRODI
La prima menzione storica veramente attendibile di Cesarò risale ad un documento di infeudazione del 1334, allorquando Federico II d’Aragona, re di Sicilia, lo donò a Cristoforo Romano Colonna, medico di Messina. Da questo documento apprendiamo nel medesimo tempo che esisteva un paese difeso da mura. Dunque è cosa ovvia affermare che il suo sorgere fu un processo di formazione spontanea che si deve assegnare ad un tempo molto anteriore alla data del documento.
Purtroppo, per le vicende che precedettero questa data e quelle ancora più antiche, è quasi impossibile una ricerca accurata e attendibile mancando documenti validi.
Tuttavia pare che il territorio dove sorge ora Cesarò in tempi preistorici fosse abitato da Siculi come si ricava dalle molte sepolture a grotticella scavate nella roccia, di forma non dissimile dal forno dei contadini siciliani, per cui molti archeologi e storici li denominavano tombe a forno.
Queste tombe a forno presenti un po’ ovunque in tutta la Sicilia e rimasero il tipo standard di camera sepolcrale fino all’ellenizzazione più o meno completa della popolazione pre-greca nel corso del V secolo a.C.
Queste, nei secoli dell’alto medioevo, quando ancora il luogo era impervio e coperto di fitti boschi, certamente in periodo bizantino, quando si diffuse il fenomeno eremitico, furono in parte trasformate in abituro solitario di eremiti. Con molta probabilità , durante la dominazione dei Romani (durata in Sicilia da 264 a.C. sino al secolo V d.C.) e nelle successive dei Barbari (Vandali e Ostrogoti 429-533) e dei Greci-Bizantini, il luogo dove si trova Cesarò e il territorio che gli appartiene faceva parte del territorio di Troina, città di origine sicula colonizzata dai Greci, dove aveva sede un santuario di divinità sicule le “Meteres” dee Madri, proprietarie di un vasto latifondo e di migliaia di capi di bestiame, e nella quale si era installato il tiranno Leptines, che controllava già Apollonia (S.Fratello) sulla costa tirrenica della Sicilia. Infatti nel territorio do Cesarò esiste, ancora oggi ben visibile, una strada, una volta mulattiera, che collegava le due cittadine di Troina e di S.Fratello. Si può quindi affermare che in tale epoca il luogo dove ora sorge Cesarò e il suo territorio costituivano l’entroterra della polis Evyuov (Troina) e in parte di Apollonia (S.Fratello).
Infatti la maggior parte delle polis greche non erano costituite solamente da coloro che abitavano in essa, ma anche da coloro che abitavano nelle numerose kwmai sparse per il territorio e di rado si recavano in città : lo facevano o per partecipare al culto o ad un’assemblea.
Il nostro territorio dovette pertanto, in seguito a quella penetrazione greca che dall’VII secolo a.C. fu un fenomeno quasi comune a tutta l’isola, essere popolato dai Bizantini di fede cristiana. Ciò si evince oltre che dalle ricerche di toponomastica, dalle quali si nota la rilevante presenza dell’elemento greco-bizantino, da quanto racconta il Fazello, il quale afferma che “Conte Ruggero per espugnare Troina in cui i Saraceni si erano fortificati, si consigliò con certi cristiani che abitavano certi villaggi sparsi intorno al posto dove poi fu costruito il convento per i frati basiliani”. Infatti, verso il 1080, il Conte Ruggero, a ricordo del consiglio avuto, fondò tra i boschi un convento dedicato a S.Elia e lo affidò ai padri basiliani dotandolo di quella estensione di terreno che va dal monte Ambolà al torrente S.Elia: ed egli stesso gli diede il nome “di Eubolo che nella nostra lingua significa buon consiglio”.
Nel nostro territorio pertanto, fino a quell’epoca, era bensì attestata la presenza di villaggi sparsi ma non di un centro ben definito. Questi villaggi, con l’andar del tempo, per una più facile difesa dagli assalti dei nemici, si riunirono sull’attuale contrafforte del castello, essendo questo da tutte le parti a picco, formando così un unico villaggio, tutt’intorno alla vetta, ritenuta difendibile. Il primo nucleo di popolazione fu costituito dai Greci-Bizantini, alcuni dei quali provenienti dalla città di Troina in seguito alla dominazione araba, ed altri che abitavano lungo le vallate dei fiumi Alcantara e Simeto, costretti a spostarsi verso l’interno per sfuggire alle incursioni degli Arabi non volendo sottomettersi all’Islam. La zona dove sorge Cesarò dovette sembrare a loro adatta in quanto protetta dai boschi.
Prese corpo, così, il quartiere di Santa Caterina che fu il primo nucleo del paese, consistente in quelle case appollaiate nell’aspro pianoro in audace pendio verso il Pizzo della Giannina, sul roccione della quale costruirono il fortilizio, in modo da potere dominare l’ampia vallata e le mura di difesa tra le quali potersi rifugiare in caso d’emergenza. Questo villaggio, durante la dominazione normanna della Sicilia, divenne un Casale.
Durante la dominazione degli Arabi, Cesarò, non subì nessun mutamento dovuto alla loro presenza, come del resto molti altri centri situati nella Val Demone, rimasta prevalentemente Cristiana. Ad un solo episodio è circoscritta la loro presenza nel territorio di Cesarò.Essendo il nostro territorio coperto da foreste fino al fiume di Troina, era facile rifugio per malfattori di ogni genere. Questi per mantenersi, erano costretti a derubare i viandanti che transitavano per l’unica strada regia allora esistente, la quale collegava il al demone con il Val di Ma zara per via interna. L’Emiro del tempo, afferma Michele Amari, per porre fine alle ruberie, ordinò da Troina una spedizione punitiva contro i briganti della zona e si valse del terrore facendo impiccare i banditi catturati nella gola che ancor oggi porta il nome di “Portella Impisi” (degli impiccati), lasciando poi penzolare i loro corpi per diversi giorni. Cade con ciò definitivamente l’ipotesi dell’origine araba di Cesarò.
L’Anzalone parlando della famiglia Da Pozzuoli, riferisce che Giacobino Da Pozzuoli fu signore di Cesarò nei primi tempi dei re Aragonesi (1332). Apprendiamo ancora dal Fazello che la famiglia Da Pozzuoli fu normanna e discendeva da Arisgoto da Pozzuoli, milite di Roberto il Guiscardo e a lui congiunto per sangue. Ma quando i Da Pozzuoli ebbero Cesarò non è precisato.
In conclusione, alla luce delle considerazioni esposte, si deve ritenere con una certa verosimiglianza che il nostro territorio fu oggetto di insediamenti antichissimi di cui abbiamo pochi indizi e riferimenti certi. Con più precisione si può dimostrare che il primo nucleo di popolazione che concorse a fondare il villaggio all’ombra della torre di difesa sul roccione della Giannina furono i Bizantini di fede cristiana, mescolatisi alla popolazione esistente che gravitava intorno alla poleis di Troina, che arrivavano nel nostro territorio per effetto di quella penetrazione che dall’VII secolo in poi li portò ad abbandonare la loro patria per dirigersi nelle zone più interne.
Questo villaggio prese consistenza e cominciò a svilupparsi, divenendo, come abbiamo detto,Casale durante il primo periodo feudale, all’epoca dei Normanni e, probabilmente, dal normanno Ruggero d’Altavilla fu assegnato ad Arisgoto Da Pozzuoli, uno dei suoi condottieri che più di altri aveva contribuito alla conquista normanna della Sicilia, distinguendosi per l’indubbio valore, per la militare accortezza, per la guerriera validità ma anche per la fedeltà e la disciplina nei confronti dei fratelli Altavilla. Questa assegnazione non fu solamente un segno di riconoscenza ma rivestì anche una funzione politica militare.
Avere poco distante da Troina una salda guarnigione militare, nelle mani di un condottiero esperto che costituisse un baluardo contro i Musulmani e nel contempo tenerlo vicino a Troina in modo che potesse accorrere in caso di necessità. Arisgoto fece di Cesarò il suo centro di sorveglianza, fortificò il fortilizio esistente e lo mantenne come vedetta ad est. Fu proprio in questo periodo che il paese si espanse con la nascita dei nuovi quartieri; Stallazzi, Salice e Ramusa e acquistò la tipica struttura medievale. Il primo a sorgere fu il quartiere “Staddazzi”. Il toponimo “Stallazzi” deriva dal greco antico stablos, staulos (latino stabulum), rimasto intatto nel greco moderno e significa stalla, scuderia. Questo significato etimologico del termine si giustifica con il fatto che con la fortificazione del castello colà sorse una vera e propria scuderia. Così intorno alle stalle, incominciò a prendere corpo un vero e proprio quartiere al quale si accedeva da un’impervia strada, che partiva dal “funnucu u locu o della cunsiria” (fino a poco tempo fa erano ben visibili alcuni gradini) e attraversando questo quartiere si giungeva direttamente in via Portavecchia da dove so poteva accedere alla fortezza.
Il quartiere ” Salice” si sviluppò, con una certa attendibilità, sull’altra strada che permetteva di raggiungere da levante il Castello, collegando questo con la trazzera regia. Infatti da tale trazzera, inserendosi nella trazzera di Cosaro e poi in quella di Palmento Piano e salendo dalla Scaletta e via Umberto si giungeva alla via Porticella, altra strada di accesso al Castello. In questo quartiere si trovava la principale arteria di allora, l’attuale via Umberto. Attorno a questi quartieri: S.Caterina, Staddazzi e Salice si articolò, almeno fino a metà del quattordicesimo secolo, la vita del paese con l’espansione verso il quartiere Ramusa dove fu scoperta la prima sorgente d’acqua. Tale territorio rimase in possesso dei Da Pozzuoli fino al 1333 quando il Casale Cesarò fu avocato alla Corona e il re di Sicilia Federico II d’Aragona, fratello del re Giacomo, lo concesse nel 1334 come feudo a Cristoforo Colonna, detto Romano, eccellente medico di Messina.
Da questa data inizia la gloriosa signoria dei Colonna la cui storia nelle sue linee generali, è conosciuta.